Nonostante la pandemia abbia avuto un generale impatto negativo sulla vita delle persone, un recente studio sul linguaggio dei bambini, concentratosi prevalentemente sul loro vocabolario, porta con sé una buona notizia.
L’istruzione e l’apprendimento sono stati duramente messi alla prova dai lockdown imposti a più riprese dai vari Governi. La fruizione delle lezioni da remoto ha faticato a entrare nella quotidianità di molti ragazzi, e come era facilmente auspicabile non ha incluso le fasce di età dei più piccoli.
Il timore di molti genitori e diverse autorità riguardava proprio lo sviluppo cognitivo e linguistico di questi bambini; e di queste preoccupazioni, uno studio pubblicato sul Language Development Research, ne ha fatto motivo di ricerca, al fine di analizzare una situazione quantomai anomala e inaspettata.
“Questo studio offre una finestra unica sulle associazioni tra le caratteristiche dell’ambiente domestico e lo sviluppo longitudinale del vocabolario ricettivo ed espressivo dei bambini”.
Gli autori della ricerca
Il vocabolario nei bambini, pre e post pandemia
Lo sviluppo terminologico della prima lingua si concentra principalmente nei bambini dagli 8 ai 36 mesi (3 anni) di età. Gli studi pedagogici sottolineano come siano particolarmente cruciali i primi 2/3 anni di vita.
Fatta questa doverosa premessa, è naturale pensare alle possibili complicazioni dei lockdown per i bambini, specialmente in una fase così delicata della loro formazione. Il lavoro dei ricercatori mirava quindi a valutare quanto, e se, il maggior tempo trascorso all’interno delle mura domestiche avesse influito sulla crescita linguistica dei bambini, rispetto ai pari età degli anni precedenti.
Lo studio, che ha visto la collaborazione di numerosi autori, ha preso in esame lo sviluppo terminologico di circa 1.800 bambini, in 13 diversi paesi. La raccolta dei dati è iniziata con il primo lockdown, a marzo 2020, e si è protratta fino a settembre dello stesso anno.
Nello svolgere questa indagine, i ricercatori hanno esaminato una vasta gamma di variabili. La lingua parlata, 12 prese in esame, le interazioni genitore-figlio, lo stato socioeconomico della famiglia e il tempo trascorso dal bambino davanti agli schermi.
I risultati mostrano come, nel complesso, le misure di confinamento non hanno influito negativamente sull’acquisizione di nuovi vocaboli da parte dei bambini presi in esame. I ricercatori suggeriscono infatti che vi sia stato un insolito “lockdown boost” nell’apprendimento di nuovi termini. I bambini osservati tendevano quindi a sviluppare un vocabolario più ricco ed espressivo rispetto alle loro controparti più esposte all’ambiente scolastico.
Dallo studio emerge inoltre un fatto già noto: la stimolazione genitoriale è essenziale. Risulta infatti che la percentuale maggiore di nuovi termini appresi era concomitante alla maggiore lettura da parte dei genitori di libri e favole per bambini.
Tuttavia, i ricercatori avvertono che questi risultati potrebbero non essere universali. I soggetti inclusi nello studio potrebbero infatti essere “privilegiati” dal punto di vista socioeconomico rispetto alla popolazione globale nel suo insieme: è possibile che lo status dei genitori abbia quindi distorto i risultati.
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Foto di Lina Kivaka da Pexels