“Sono una scrittrice, poetessa e traduttrice letteraria. Recentemente, ho scoperto che la mostra “China’s Hidden Century” del British Museum ha utilizzato le mie traduzioni pubblicate della poesia della poetessa femminista cinese Qiu Jin senza contattarmi, e quindi senza alcun permesso, credito o pagamento”. Con queste parole Yilin Wang ha accusato il British Museum di violazione di copyright, un tema delicato quando si parla di traduzione.
La vicenda è stata riportata da Multilingual a fine giugno e sta vivendo un aggiornamento dopo l’altro in questi ultimi giorni.
Il 18 maggio viene inaugurata a Londra la mostra dedicata alla poetessa cinese Qiu Jin, per la quale il British Museum ha ideato una serie di installazioni grafiche con il testo originale accompagnato da traduzione inglese.
Il 17 giugno la traduttrice Yilin Wang accusa via Twitter il museo di aver utilizzato una sua traduzione senza permesso, chiedendo agli organizzatori di risolvere la questione.
La vicenda prende quindi forma con le affermazioni delle due realtà coinvolte, giungendo infine alla rimozione delle traduzioni di Wang e a una raccolta fondi organizzata dalla stessa alfine di sostenere le spese legali per citare in giudizio il museo.
Riprendendo le parole presenti sulla pagina di CrowdJustice creata dalla traduttrice: “Non essendo riuscita a raggiungere un accordo accettabile con il British Museum, che avrebbe portato a un ripristino del mio lavoro per il resto della durata della mostra, insieme a un riconoscimento appropriato e un modesto pagamento, mi sento costretta a intensificare la questione a titolo di un reclamo legale nei tribunali del Regno Unito”.
Violazione di copyright: tra British Museum e intelligenza artificiale
In attesa di ulteriori sviluppi in questa vicenda, le riflessioni da essa scaturite stanno prendendo piede su blog e pagine dedicati al settore dell’arte e della traduzione.
Il British Museum ha espresso pubblicamente il suo rammarico per l’accaduto, ammettendo le proprie colpe. Resta però aperta una questione: com’è possibile violare il copyright involontariamente?
Al momento, le dichiarazioni degli organizzatori riferiscono di un “errore umano” non meglio specificato.
Tuttavia, come espresso dalla traduttrice Silvia Pareschi, di cui abbiamo parlato anche nel nostro ultimo articolo, il pericolo derivante dall’intelligenza artificiale potrebbe essere ben più grave di una svista.
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Il problema risiede nella modalità con cui questi sistemi di AI apprendono ed elaborano le informazioni. Un modello linguistico di grandi dimensioni per funzionare correttamente deve essere addestrato su una mole davvero vasta di dati, in questo caso linguistici. Tra questi, tuttavia, potrebbero inserirsi involontariamente testi protetti da copyright, che una volta elaborati dalla macchina scaricherebbero, in parte, sugli sviluppatori la responsabilità della violazione.
In questo, l’AI Act dell’Unione europea mira a difendere il diritto di autore di scrittori e traduttori, impedendo l’utilizzo delle loro opere come materiale di apprendimento per le macchine. Ma è sufficiente?
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Foto di Tamara Menzi su Unsplash