È un tema tornato fortemente alla ribalta: la traduzione risulta essenziale nella ricerca scientifica.
La pandemia da Covid-19 ha mostrato chiaramente quanto la collaborazione internazionale, non solo in ambito medico, possa velocizzare e armonizzare i processi della ricerca. Ma tutto questo è reso possibile solo abbattendo le naturali barriere linguistiche tra i laboratori e centri di ricerca internazionali.
E se è certamente vero che la maggior parte degli studi di rilievo vengono pubblicati anche, o esclusivamente, in lingua inglese, uno studio pubblicato di recente sulla rivista scientifica Plos Biology ha evidenziato come la ricerca su 9 specie di anfibi, 217 specie di uccelli e 64 mammiferi fossero in gran parte sconosciute alla più ampia comunità scientifica. Questo perché gli studi in questione sono stati condotti in lingue diverse dall’inglese.
L’opinione diffusa secondo cui qualsiasi informazione scientifica di rilievo sarà sempre disponibile anche in lingua inglese, però, non sempre riconosce il merito adeguato agli studi condotti in altre lingue. Infatti, queste ricerche apportano spesso dati ed evidenze uniche e preziose per la comunità internazionale.
Ad esempio, la rivista stima che la ricerca in lingua non inglese potrebbe ampliare la copertura geografica sulla biodiversità dal 12% al 25% e il numero di specie coperte dal 5% al 32%. La domanda sorge quindi spontanea: quanta ricerca scientifica si perde a causa delle barriere linguistiche?
In un altro articolo, la biologa Valeria Ramírez Castañeda racconta al The Guardian gli sforzi volti alla condivisione internazionale delle sue ricerche.
Ricerca scientifica e traduzione
Questi, però, sono tutt’altro che casi isolati. La quantità di conoscenza scientifica che necessita di traduzione è davvero imponente. Man mano che la quantità di ricerca cresce, aumenta anche il divario tra ciò che si sceglie di tradurre, e quindi condiviso con un vasto pubblico internazionale e ciò che resta “limitato” all’interno dei confini linguistici.
In risposta a queste problematiche, diversi esponenti della comunità scientifica internale hanno promosso l’idea di istituire la lingua inglese come lingua franca della scienza. Le risposte diametralmente opposte non si sono però fatte attendere. Primo tra tutti lo scienziato dell’Università del Queensand Tatsuya Amano.
“Le barriere linguistiche hanno gravi conseguenze nella scienza, causando disuguaglianza per le comunità sottorappresentate e rendendo inaccessibile le conoscenze veicolate da queste lingue. Collaborare con parlanti di più lingue durante la ricerca in riviste locali e database di letteratura può aiutare a contrastare questo pregiudizio. Gli autori dovrebbero essere incoraggiati dai loro editori e revisori a identificare e citare la letteratura pertinente in altre lingue, ove applicabile”.
Emerge, quindi, quanto sia fondamentale che scienziati e studiosi abbiano accesso ai lavori condotti in tutte le lingue. Tuttavia, comprendere la letteratura scientifica in una lingua non nativa può essere un compito impegnativo, poiché la mancanza di competenze linguistiche rilevanti è spesso una ragione chiave per escludere la letteratura non in lingua inglese.
Tuttavia, l’industria linguistica può svolgere un ruolo essenziale nel rendere la collaborazione più completa e funzionale. Mettendo a disposizione le proprie conoscenze e competenze linguistiche al servizio della ricerca.
ASTW collabora da anni con importanti laboratori e centri di ricerca scientifica operanti nei settori medico-farmaceutico e delle life science, utilizzando le migliori tecnologie e affidandoci a traduttori esperti e capaci.
Abbattiamo le barriere linguistiche al servizio dello sviluppo globale.
Foto di Chokniti Khongchum da Pexels