Il 9 novembre scorso, la commissione di ricorso dell’EPO ha ufficialmente rifiutato la richiesta di Google per la riesamina della domanda di brevetto precedentemente negata, relativa a un nuovo sistema di machine translation neurale. Il motivo? Mancata attività inventiva.
Per riassumere quanto espresso in un nostro precedente articolo, perché un’invenzione possa essere oggetto di brevetto deve rispettare 3 caratteristiche principali: utilità, originalità e industrialità.
[…]Dopo aver preparato la documentazione e scelto il tipo di brevetto, è necessario presentare domanda presso l’ufficio brevetti competente. Questa domanda dovrà includere la descrizione dettagliata dell’invenzione, accompagnata da una presentazione di tutte le caratteristiche in grado di evidenziarne l’utilità, l’originalità e l’industrialità.
Brevettare un’invenzione: ecco gli step necessari
Volendo approfondire maggiormente la questione, occorre espandere un concetto precedente semplificato: l’originalità.
Nel contesto della proprietà intellettuale è possibile definire “originale” un’invenzione caratterizzata da novità e attività inventiva, caratteristiche in grado di distinguere l’oggetto della domanda di brevetto da altre possibili varianti esistenti allo stato dell’arte.
Ed è proprio questa caratteristica ad aver portato l’EPO (European Patent Office) a negare la domanda di ricorso presentata da Google il 30 ottobre 2023. Domanda relativa al brevetto dal titolo “Neural machine translation systems with rare word processing”, rifiutato per la prima volta il 6 luglio 2020. La prima domanda risale infatti al 23 ottobre 2015, otto anni prima.
Le conclusioni fornite dagli esaminatori potrebbero rappresentare un vero e proprio game changer nell’ambito delle tecnologie linguistiche, con risvolti davvero inattesi disruptivi.
Questo perché “Il semplice reperimento di un algoritmo informatico per implementare un processo di traduzione automatizzata non rende tecnico il programma informatico risultante”.
Google: il brevetto rifiutato dall’EPO e concesso dall’USPTO
Ad arricchire la vicenda di risvolti ancora più rilevanti è il contrasto di vedute tra gli esaminatori dell’EPO, responsabili della concessione di brevetti sul territorio europeo, e l’USPTO (United States Patent and Trademark Office), organo competente negli Stati Uniti.
Il sistema di traduzione automatica neurale Google, infatti, è stato brevettato con successo negli USA già nel 2017.
Un motivo della discrepanza tra le due interpretazioni della medesima invenzione viene fornita proprio dall’EPO:
“Le caratteristiche definiscono uno step inventivo solo nella misura in cui interagiscono con l’oggetto tecnico della rivendicazione per fornire un effetto tecnico. […] La commissione non è stata in grado di identificare un effetto tecnico ottenuto dalle caratteristiche distintive. Anche se il programma per computer include aspetti algoritmici che non sono direttamente basati su concetti linguistici”.
Rifiutata quindi la tesi di Google secondo cui l’implementazione di informazioni e metodi tipici della linguistica per un processo di traduzione computerizzata richiederebbe comunque considerazioni tecniche relative a dizionari, traduzione di frasi composte e corrispondenza terminologica.
A oggi non sappiamo ancora quali saranno i prossimi episodi di questa quantomeno atipica vicenda. Ma voi, cosa ne pensate? Fatecelo sapere nella sezione commenti dei nostri canali social!