- La psicoterapia (anche se sarebbe meglio dire le psicoterapie) è, in ultima analisi, una terapia della parola (soprassediamo qui sui vari orientamenti che si è data la psicologia negli ultimi decenni; si pensi ad esempio al cognitivismo, il comportamentismo ecc.): un lavoro con e sulla parola. Da qui, forse, il tuo interesse per la traduzione?
Non avevo mai pensato a questo nesso fra psicoterapia e traduzione. Però in effetti sono entrambe attività basate sulla parola e io sono sempre stato uno che ama comunicare, conoscere le esperienze altrui, raccontare, giocare con le parole, scoprirne le origini, i significati, le parentele…. Ho sempre pensato che la continuità fra l’interesse per la psicologia e l’interesse per la traduzione, nel mio caso, stesse nel fatto che l’attività di traduttore (di psicologia e materie affini) mi consente di continuare a studiare e a riflettere su questa materia che mi ha sempre incuriosito…
- Ci sono àmbiti e discipline che necessitano uno studio lungo e approfondito per coglierne appieno implicazioni e significati: talvolta argomenti sui generis, con terminologia tanto astrusa quanto irreperibile (nonostante le vaste risorse terminologiche disponibili), richiederebbero uno specialista in materia, almeno in fase di revisione del testo tradotto (con un aggravio del prezzo finale per il cliente…). Pensi che queste problematicità siano anche valide per le traduzioni in àmbito psicologico?
Senza dubbio. Molti testi di psicologia, specialmente quelli rivolti a studenti universitari e professionisti del settore, sono pieni di ambiguità interpretative e riferimenti impliciti a teorie psicologiche, metodi di ricerca, aspetti della teoria della misurazione e della psicometria e procedimenti di analisi dei dati. Solo una persona che conosce bene la materia può coglierli, interpretarli correttamente e renderli in italiano. Sebbene il linguaggio della psicologia sia in continua evoluzione – e non solo per i reali progressi della ricerca ma anche per esigenze di commercializzazione di nuovi metodi di intervento, per cui concetti arcinoti vengono propagandati con etichette nuove – credo che il lessico sia un problema, ma non il principale per un traduttore. È più difficile afferrare i concetti, anche perché spesso gli autori non si spiegano bene.
- Uno specialista in materia, tuttavia, spesso non ha le competenze linguistiche, diciamo anche quell’estro e quel gusto per la lingua, che gli permetterebbero di tradurre bene un testo: acribia, bagaglio lessicale, preparazione accademica, proprietà di scrittura. È del tutto evidente che una persona che compendiasse in sé tutte queste caratteristiche dovrebbe essere pagato “a peso d’oro” ….
Sono d’accordo con te. Un conto è capire il testo in inglese, altro è renderlo in modo corretto, leggibile e possibilmente gradevole e interessante. Prendiamo il caso del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, il manuale di psichiatria più usato al mondo: viene aggiornato periodicamente e ogni volta in Italia viene fatto tradurre a universitari. La curatela è affidata a grandi luminari. Il risultato è al limite dell’illeggibilità e viene da dubitare fortemente che chi l’ha tradotto conosca bene l’inglese (americano). Quantomeno se lo conosce non lo sa rendere in italiano in forma scritta. Io credo di compendiare le caratteristiche che hai elencato, ma come tutti i traduttori mi devo accontentare di quello che gli editori mi offrono. Qualcuno, per fortuna, riconosce il valore dell’unione di queste qualità e mi offre un riconoscimento adeguato per il mio lavoro.
- La traduzione è un processo creativo per eccellenza, ma il grado e la natura di creatività necessari al traduttore variano di molto a seconda del testo da tradurre. In anni recenti, le tecnologie hanno offerto approcci vòlti all’automatizzazione del processo traduttivo con risultati spesso dipendenti dal tipo di testo dato in pasto a queste “macchine”. Sembra che le macchine di traduzione (alludo a quelle statistiche) funzionino bene, talvolta molto bene con i testi tecnici, ma che ciò non si possa dire con i testi che richiedono al traduttore un certo grado di creatività, anche minimo.
Il mio rapporto con la tecnologia in genere non è molto positivo. Sono convinto infatti che molti strumenti tecnologici e automatismi di cui siamo circondati ci impoveriscano umanamente e materialmente: ci rendono sempre più incapaci e insoddisfatti, e sempre più dipendenti da macchine che richiedono spese continue e che ci impongono sequenze di azioni prefissate. Per non parlare della qualità dell’assistenza e della comunicazione con i “tecnici” deputati alla vendita e alla manutenzione. Ma questo è un discorso lungo e un po’ fuori tema.
Ho provato a usare due cat tool e mi hanno solo intralciato nel lavoro. Quelli che ho provato ostacolano la visione d’insieme del testo e la creatività nella ricerca di soluzioni traduttive. Per quanto riguarda invece i software di traduzione, devo dire che conosco solo Google, e quando una traduzione è fatta coi piedi spesso di dice che sembra fatta da Google. Per la mia esperienza – che è limitata alla psicologia, pedagogia, psichiatria, filosofia e un po’ di narrativa e di storia – la creatività è sempre in gioco nella traduzione. Credo che il traduttore debba tradurre il senso delle unità di testo, non le parole. E il senso di una frase dipende da molti fattori. Il primo sono le intenzioni comunicative dell’autore. Ci dobbiamo sempre chiedere quali siano. E poi dobbiamo anche metterci nei panni del lettore e avere cura di trasmettere il senso in modo non solo comprensibile e fedele ma a volte anche curando anche altri aspetti. Quindi è in gioco anche l’empatia, una parola abusata che si riferisce a una facoltà tipicamente umana. Potrà un software fare tutto questo un giorno? Io sono abbastanza scettico.
- Cosa ti senti di consigliare, oltre a seguire un eventuale corso di formazione, a chiunque volesse avvicinarsi al mondo della traduzione di testi di psicologia?
Come spiego nel corso, esistono varie tipologie di testo psicologico. Alcune sono accessibili anche a traduttori che conoscono poco la materia, altre no. Oggi tradurre psicologia dall’inglese significa spesso tradurre testi basati su una visione scientifica che dà ampio spazio alla metodologia della ricerca, agli strumenti e alle tecniche di analisi dei dati, alla teoria della misurazione e alla psicometria. Sono settori che implicano la conoscenza di certi concetti che non si afferrano andando a buon senso. E poi la maggior parte dei testi di psicologia fa riferimento implicitamente alla storia della psicologia, magari anche recente, e ai temi classici della ricerca in certi ambiti. Quindi il primo consiglio è il più ovvio: crearsi delle solide basi in campo psicologico leggendo molti libri. Magari partendo da manuali di metodologia della ricerca o da sintesi della psicologia generale e sociale. Un’altra buona idea può essere farsi un’idea generale della disciplina leggendosi uno o due manuali per i licei.
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