Inizia oggi il nostro nuovo viaggio chiamato “Regioni e dialetti“, e come tutti i viaggi non può che partire da casa. La Liguria, magnifica e intrigante linea di terra stretta tra mare e monti che noi amiamo chiamare, appunto, casa.
Abbandonandoci un po’ agli stereotipi, le genti liguri sono accomunate da uno stile di vita semplice, un orgoglio innato nei confronti della propria terra e da un amore spassionato verso i turisti, o meglio, i foresti. Scherzi a parte, cosa davvero accomuna tutti noi liguri è il nostro dialetto…e il pesto.
Con dialetto ligure, in linguistica, si intende l’insieme delle parlate regionali, spesso suddivise in dialetti di ponente (caratterizzati da sonorità provenzali), dialetto genovese (irradiatosi dal capoluogo grazie all’influenza economica, politica e commerciale) e dialetti orientali (con influenze toscane).
Tuttavia, nonostante questa ripartizione, i vari dialetti hanno tratti e peculiarità tipiche capaci di renderli comprensibili in tutto il territorio, da Ventimiglia a Sarzana.
Liguria senza confini
Da Ventimiglia a Sarzana, sì, ma non solo. Perché la Liguria non è solamente una striscia di terra sul mare, il dialetto è parlato anche e soprattutto nell’entroterra. Tuttavia, è un errore pensare che l’uso delle nostre parlate sia circoscritto ai soli confini regionali.
Caratteri tipici del dialetto ligure sono presenti anche in molte aree del Basso Piemonte e dell’Emilia. Con i suoi centri più importanti (e più storicamente legati alla città di Genova) tra cui Ovada, Novi Ligure, Gavi e Ottone.
Inoltre, ancora oggi si parlano delle varietà liguri in alcune isole linguistiche della Sardegna (le comunità “tabarchine” di Carloforte e Calasetta) e della Corsica (Bonifacio). Le tracce di una notevole influenza lessicale genovese sono apprezzabili soprattutto nelle parlate della Corsica, del Turritano e della Maddalena in Sardegna, di Gibilterra e della Grecia insulare (Chio). E ancora, nel XIX secolo il genovese fu esportato nei paesi del Sud America, come l’Argentina (La Boca) e il Cile.
Dialetto ligure e lingua francese
Chi ha contatti con la nostra regione e la nazione francese sa benissimo quanto i due sistemi linguistici suonino simili e sembrino in qualche modo imparentati. Ed è proprio così.
Le affinità o se vogliamo le somiglianze sono in primo luogo riconducibili a una base latina comune.
Detto questo possiamo riscontrare affinità di ordine fonetico (sonorità), riconducibili a fenomeni di contatto e all’influenza che può aver esercitato la cultura francese sul dialetto genovese, nonché viceversa.
Come nell’uso della “ç” comune ai due sistemi linguistici, anche se in funzioni diverse. In entrambi i casi si ottiene il suono [s] “s” sorda, come ad esempio in çetron (genovese: arancia) e leçon (francese).
La lettera “x” in genovese, nonostante una grafia diversa, produce il suono [ʒ] presente anche in francese e corrispondente al grafema /j/, come in xatta (genovese) e jatte (francese).
E ancora la cosiddetta “u francese”, presente in fugassa (la nostra amata focaccia) e, ad esempio, vu (in francese).
Infine, la tipica “z” sorda genovese, come in zena (genovese) e zéro (francese).
Per chi volesse approfondire l’argomento da un punto di vista terminologico consiglio questa pagina.
Fun fact
Abbandoniamo la Francia per dirigerci dall’altra parte del mondo, in Argentina.
Sì, perché come dicevamo il dialetto ligure (in questo caso parliamo principalmente del dialetto genovese) è stato esportato dai nostri predecessori anche in Sud America.
E fu proprio a La Boca, il quartiere di Buenos Aires, che gli emigrati genovesi trovarono una seconda casa, nella quale decisero di fondare anche una squadra di calcio, una delle più celebri al mondo: il Boca Juniors.
Da allora, tifoseria e calciatori vengono chiamati “Xeneizes“, i genovesi.
Stefano Gaffuri