Burning down the house
Nel mio ultimo post ho sfiorato il tema del legame fra lingua e identità e, complice questo brano di Emil Cioran che mi ha dato l’assist, voglio parlarvi di un’altra scrittrice e delle sue riflessioni sull’argomento.
Caro amico dalla mia vita scrivo a te nella tua di Yiyun Li, pubblicato da NN Editore nella traduzione di Laura Noulian, mi ha tenuto buona compagnia la scorsa estate e da allora ogni tanto torno a rileggerlo. È un libro che sfugge alle classificazioni: non è un diario, né un’autobiografia, né un saggio letterario, pur racchiudendo elementi di tutti questi generi. Io lo considero ormai un amico: dolce e spietato come solo un vero amico sa essere, e come riesce a essere lo sguardo di Yiyun Li sui suoi ricordi, sui suoi pensieri, sul suo rapporto con gli scrittori a lei cari.
Nata a Pechino nel 1972, dopo la laurea in medicina Yiyun Li si trasferisce negli Stati Uniti: “Giunsi in America come aspirante immunologa. Avevo scelto quel settore (…) perché mi piaceva il concetto alla base del sistema immunitario. Il suo compito è quello di individuare e aggredire il non-io”. Intraprende poi la carriera di scrittrice e nel 2010 è nominata dal New Yorker tra i venti migliori scrittori americani under 40. La cosa curiosa è che, come lei stessa racconta, il suo inglese viene criticato dagli immigrati cinesi della sua generazione che lo ritengono “troppo poco autoctono” e non abbastanza lirico. Molti si chiedono inoltre perché l’autrice abbia scelto di non far parte del panorama letterario e culturale cinese. Non si tratta di una scelta sociale o politica: “A spingermi è stata l’assolutezza dell’abbandono, realizzato con tale determinazione da farlo diventare una specie di suicidio”.
Tendo a pensare, come credo accada a molti, a una nuova lingua come a una nuova vita, sinonimo di libertà. Ciò che mi ha colpito (forte) di Yiyun Li è la riflessione sulla lingua come rifugio ma anche come prigione, e il suo considerare l’abbandono della lingua madre come una possibilità di raggiungere la tanto desiderata immunità “dalla malattia, dalla follia, dall’amore e dalla solitudine, dai pensieri che inquietano e dai dolori che non possono essere alleviati”. La realtà è che “Possedere – una casa, una vita su una strada tranquilla, una lingua, un sogno – è consentire a noi stessi di essere posseduti a nostra volta”.
Il linguaggio è un labirinto senza uscita, che non fa che alimentare l’illusione di poter davvero comunicare? Yiyun Li si osserva, impegnata in una continua riscrittura e sovrascrittura di vissuti, in cui entra in gioco anche una terza lingua: quella privata, che ognuno di noi usa fra sé e sé. A tutte queste voci si aggiungono quelle di altri autori, come Katherine Mansfield (sua la frase che dà il titolo al libro), Marianne Moore, Maksim Gork’kij e John McGahern, a formare una mappa concettuale e affettiva pulsante, in continuo movimento, che irradia uno strano senso di comunione. Questo non è il genere di narrazione che offre una conclusione comoda, quindi questo post non finirà con una citazione rassicurante; per concludere dirò io un paio di cose. Da lettrice: Caro amico è un’esperienza che vi consiglio di fare, perché è molto più di una meditazione sulla lingua. Da traduttrice, invece, trovo importante sottolineare questo pensiero: “Quando pensiamo in una lingua d’adozione, sistemiamo e risistemiamo parole che per noi sono neutre, addirittura indifferenti, per arrivare a un pensiero che non sapevamo di avere”. Alla fine il disagio di abitare una lingua non nostra è un terreno di continua lotta con noi stessi, ma anche una terra fertile, un’occasione per provare a esprimere quello “iato” di consapevole quiete che Yiyun Li non smette di inseguire, fino all’ultima riga, e che riusciamo a intravedere correndo insieme a lei.
Letizia Merello esordisce come aspirante traduttrice letteraria e finisce per specializzarsi in traduzione scientifica passando per il settore turistico e cosmetico, infine approda alla traduzione brevettuale. È entrata nel team di ASTW nel 2015, dopo diversi anni di esperienza come traduttrice freelance. Specializzata in traduzioni tecniche e scientifiche ma appassionata di traduzione letteraria, sfrutta al meglio la sua “doppia personalità” nei progetti più creativi.
L’illustrazione di copertina è di Claudia Plescia.
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