- 12 Maggio 2023
- Postato da: Stefano Gaffuri
- Categoria: Traduzioni mediche e farmaceutiche

A pochi giorni dall’annuncio del direttore generale dell’OMS sulla fine dell’emergenza sanitaria da Covid-19, cogliamo l’occasione per tornare a parlare di un tema di innegabile rilevanza. Oggi parliamo dell’importanza che rivestono le traduzioni mediche nella cura dei pazienti e nell’accesso inclusivo alla sanità.
Le traduzioni mediche migliorano la vita. Per confermare questa affermazione basterebbe focalizzarsi su un fatto noto alla maggior parte di noi. Comprendere una lingua che non si conosce, o che si comprende solo in parte, è quantomai complesso.
Se a questa consapevolezza andiamo ad aggiungere le possibili difficoltà spesso riscontrate dagli stessi madrelingua nell’interpretare il linguaggio medico, è facilmente prevedibile come a un accesso sanitario in lingua straniera possa conseguire una scorretta fruizione delle informazioni mediche.
Informazioni che, per loro stessa natura, possono risultare di vitale importanza per la corretta cura del paziente. In una comunicazione continua tra le parti.
Un argomento da noi già trattato in precedenza, vista la natura delicata ed essenziale. Per approfondire consigliamo la lettura degli articoli:
– Assistenza sanitaria: l’accesso linguistico negli ospedali
– Medicina e traduzione automatica: una ricerca atipica
– Il ruolo centrale della traduzione nella ricerca scientifica
Traduzioni mediche e il nuovo studio dal Minnesota
In quest’ottica di accesso linguistico, con un particolare focus sulle conseguenze negative in caso di sua assenza, si inserisce uno studio condotto dai ricercatori dell’Università del Minnesota e dell’HealthPartners Institute.
La ricerca è stata condotta prendendo in esame i sistemi sanitari del Minnesota e del Wisconsin. L’obiettivo dei ricercatori era quello di valutare le conseguenze derivanti da informazioni mediche ricevute in lingue diverse dalla propria.
In particolare, la ricerca ha analizzato le cartelle cliniche di 851 410 persone, in un arco temporale di circa tre anni dal dicembre 2020 al marzo del 2022.
I risultati mostrano come per i pazienti con una preferenza per una lingua diversa dall’inglese (il 4 % del totale) si siano riscontrati ritardi nella vaccinazione rispetto ai madrelingua. Inoltre, sempre confrontando questi due gruppi, l’incidenza dei ricoveri e dei decessi per il primo gruppo risulta quasi raddoppiata.
Infine, la ricerca ha evidenziato che i pazienti con una conoscenza limitata dell’inglese (il 3%) hanno registrato numeri ancora maggiori rispetto al campione precedente.
Questo studio conferma quindi quanto da noi, e non solamente da noi, affermato a più riprese. Riprendendo le parole di Nasreen Quadri, autrice dello studio: “in un contesto sanitario, la lingua è più di uno strumento di comunicazione”.
Una corretta comunicazione medico-paziente è in grado di fornire a quest’ultimo una maggiore consapevolezza e aiuta il personale medico a formulare al meglio la diagnosi.
La collaborazione con i professionisti della traduzione e interpretazione e uno studio approfondito delle reali necessità dei pazienti potrebbero quindi rappresentare la soluzione a questi e altri problemi. Garantendo il corretto funzionamento dell’apparato sanitario per tutti coloro che ne hanno necessità.
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