La scorsa settimana si è celebrato il quindicesimo anniversario della presentazione al MacWorld di San Francisco del primo iPhone. La ricorrenza ha prestato il fianco a celebrazioni provenienti dalle realtà più disparate, accompagnate dalle inevitabili riflessioni circa i processi tecnologici a cui abbiamo assistito in questi anni. Riflessioni che, all’interno degli LSP come ASTW, hanno riguardato anche l’evoluzione del nostro lavoro e la figura del traduttore. Il quesito è il seguente: la tecnologia mina il settore della traduzione?
L’evoluzione della tecnologia, e soprattutto l’innovazione legata a smartphone e tablet, ha cambiato radicalmente la nostra quotidianità. Che si tratti di vita lavorativa o tempo libero, è difficile immaginare un’intera giornata lontano da questi dispositivi.
Ma non è solamente la nostra routine ad aver subito un deciso cambiamento nel corso degli anni. A mutare è stata anche la nostra fruizione dei servizi, inclusi quelli linguistici.
L’accessibilità è un aspetto chiave del nostro modo di vivere, abituati a ottenere risposte rapide e precise in pochi click. Ed è proprio in questo contesto che nascono, e vanno interpretati, i servizi offerti da Google e Apple.
Dal classico e sempiterno Google Translate per arrivare al più complesso e meno noto Google Lens; la tecnologia Google in materia linguistica ha decisamente fatto passi da gigante.
Google Lens, in particolare, rappresenta una delle feature più avanguardistiche dei nostri smartphone. L’app consente infatti di “cercare quello che vediamo”, effettuando ricerche in rete con una semplice foto, con la possibilità di scansionare e tradurre i testi in cui ci imbattiamo.
I nuovi aggiornamenti IOS, d’altro canto, includono queste funzioni all’interno dei nuovi dispositivi, consentendo di estrarre il testo da una foto per poi sottoporlo a traduzione con l’app iTranslate.
Un traguardo davvero sorprendente, almeno sulla carta.
Il traduttore umano nel settore della traduzione
La nostra riflessione deve anzitutto iniziare con una precisa distinzione: le traduzioni non sono tutte uguali.
Se quindi nella domanda iniziale “la tecnologia mina il settore della traduzione?” includessimo le piccole traduzioni che intercettano il bisogno impellente di comprensione, allora la risposta sarebbe sì.
Tuttavia, le traduzioni automatiche effettuate dagli utenti, ad esempio, di Google Translate riguardano il più delle volte singoli vocaboli o frasi brevi. Queste conversioni linguistiche hanno di fatto una funzione semantica che difficilmente avrebbe incluso nel processo un fornitore di servizi linguistici, rientrando di fatto in una categoria di bisogno facilmente risolvibile con gli strumenti tecnologici attualmente in commercio.
Se invece decidiamo di soppesare il quesito valutando le diverse funzioni dei testi e i bisogni che questi devono soddisfare, la risposta è ben diversa.
Prendiamo in considerazione i testi di carattere giuridico, medico e tecnico.
Questi documenti non solo richiedono al traduttore una preparazione e un’esperienze fuori dal comune, ma le responsabilità di varia natura a essi legate esigono il parere di un esperto.
Un testo legale tradotto in maniera impropria condurrebbe a controversie le cui conseguenze potrebbero, nella migliore delle ipotesi, inficiare lo scopo per cui i documenti sono stati redatti.
Allo stesso modo, sebbene con i giusti aggiustamenti interdisciplinari, un testo di carattere medico-farmaceutico comporterebbe conseguenze disastrose e, in alcuni casi, dannose per la salute dei pazienti.
In questi casi, affidarsi ciecamente alle tecnologie traduttive offerte dai diversi provider risulta quantomai controproducente. Gli esperti, quindi, rivestono il ruolo più importante e decisivo nell’intero processo, rappresentando l’unico soggetto in grado di prendere decisioni razionali e accurate.
Per tutti questi motivi possiamo affermare che no, la tecnologia non mina il settore della traduzione. E che anzi sia in grado di offrire svariati benefici, come nel caso dei CAT Tool.
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Foto di George Dolgikh da Pexels