Le lingue ufficiali dell’Unione europea riflettono la ricchezza della diversità culturale e linguistica dei suoi Stati membri. Attualmente, l’UE conta 24 lingue ufficiali che svolgono un ruolo chiave nelle sue attività. Queste includono lingue ampiamente parlate come l’inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo, così come lingue meno diffuse come il maltese e l’estone. Ora, la proposta del ministro degli esteri spagnolo potrebbe ampliare ulteriormente questo multilinguismo con l’aggiunta di altre tre lingue ufficiali.
L’obiettivo di questa pluralità linguistica è di garantire a tutti cittadini europei una piena partecipazione alla vita dell’UE. Ogni cittadino ha dunque il diritto di ricevere informazioni e comunicare con le istituzioni dell’Unione nella propria lingua.
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Per facilitare la comunicazione e la comprensione reciproca, l’UE promuove l’apprendimento delle lingue straniere e offre programmi di scambio e formazione linguistica. Inoltre, i documenti ufficiali vengono tradotti in ciascuna delle 24 lingue, per garantire che tutti i cittadini possano accedere alle informazioni in un idioma a loro comprensibile.
Può quindi risultare chiaro come l’aggiunta di nuove lingue ufficiali sia un tema di considerevole importanza, capace di comportare nuove sfide amministrative per le istituzioni e far nascere nuove opportunità professionali. Specialmente per traduttori e language service provider.
La proposta per tre nuove lingue nell’UE
Riprendendo quanto detto nell’introduzione, nel mese di agosto il ministro degli esteri spagnolo José Manuel Albares ha fatto formalmente richiesta al Consiglio UE per l’inserimento di altre tre lingue parlate nella penisola iberica nella lista delle lingue ufficiali.
Nello specifico, parliamo di catalano, basco e galiziano.
Queste lingue, infatti, sono da tempo riconosciute come lingue co-ufficiali in Spagna insieme allo spagnolo (castigliano) per questioni amministrative e governative nelle province in cui contano il numero maggiore di parlanti. Inoltre, da quest’anno tutte e tre le lingue saranno ammesse anche nelle sessioni del congresso nazionale.
Se quindi questi idiomi vengono riconosciuti come lingue nazionali in uno stato membro, sostiene Albares, perché non inserirle nell’elenco delle lingue UE?
Come visto, la decisione non è affatto semplice. Non solo per le questioni amministrative legate all’inclusività linguistica, accettare la proposta aprirebbe la via, con ogni probabilità, a richieste simili da parte di altri gruppi linguistici dell’Unione europea.
Tuttavia, i relativi vantaggi sarebbero condivisi da popolazione locale e professionisti del settore linguistico. Se la richiesta venisse accolta, infatti, tutta la documentazione prodotta dalle istituzioni dell’Unione europea dovrebbe ora essere disponibile anche in queste tre lingue. Aumentando così le richieste per i servizi di traduzione e interpretazione a esse collegati.
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