Attraverso… la traduzione. Pensavo che sarei arrivata alla tappa del viaggio di Attraverso dedicata alla traduzione con un’energia diversa e un mucchio di cose da dire sul mio mestiere, invece mi trovo di umore cogitabondo, forse anche un po’ capriccioso.
È il momento giusto per sfatare il mito del traduttore che ogni giorno sente il sacro fuoco dell’amore per le lingue scorrere nelle sue vene: vuoi per la cattività prolungata, vuoi per la difficoltà a ripartire dopo il lungo weekend pasquale, oggi è una giornata senza infamia e senza lode, di quelle che, sono certa, ognuno di voi conosce bene.

Confermo l’output del motore di traduzione, qua e là inserisco nel mio termbase un termine chiave, controllo qualche stranezza proposta dalla machine translation e in qualche caso mi sorprendo che abbia ragione… ma non nel caso di sizing, per il quale mi propone “dimensionamento”: si tratta infatti di un testo che riguarda l’industria cartaria, e qui sizing è la collatura, un trattamento superficiale applicato a carta e cartone.Più avanti c’è una frase in cui la MT non ci ha preso per niente, anche per la qualità non proprio eccelsa del testo di partenza, a proposito: spero che chi farà la revisione di questo progetto non mi stia leggendo, riceverà una bella sfilza di segnalazioni! Intanto vediamo come ottimizzare questa frase: la prendo, la rigiro, perdo qualche secondo in più a pensare come suonerebbe meglio… ci gioco.
Sì, è vero, la traduzione brevettuale non prevede spazio per gli abbellimenti, ma dirò a mia discolpa che sto lavorando sulla parte introduttiva del testo, quella più discorsiva, e vale la pena renderla più scorrevole.
Forse questo è un mio piccolo tentativo di “rivincita”, penso mentre vado a mettere su la moka. Volevo segnare un punto a mio favore e sentirmi superiore alla tecnologia? O forse avevo proprio voglia di fare qualcosa che mi manca fare, cioè una bella traduzione alla vecchia maniera, di mio pugno, senza nessun tipo di “aiutino”?

L’ultima volta che ho tradotto così è stata l’estate scorsa, si trattava di un racconto. Mi sono stampata il testo integrale, leggendolo e rileggendolo diverse volte. Ho preso appunti a margine, ho buttato giù la traduzione senza l’ausilio della MT e l’ho corretta e limata infinite volte, e nonostante questo è venuto fuori un testo imperfetto, che senza l’intervento di un editor non sarebbe stato pubblicabile. Per i miei lettori più curiosi, il risultato finale è qui 😊. Un’esperienza che mi è piaciuta moltissimo, ma che dubito potrei integrare nella mia quotidianità.
Mentre sorseggio il mio caffè e lo accompagno con un pezzo di uovo di cioccolato, giungo alla conclusione che io e la traduzione automatica facciamo un ottimo lavoro di squadra: io senza di lei non sarei così produttiva e farei un sacco di errori di battitura, lei senza di me non sarebbe così scorrevole e si lascerebbe sfuggire grossi errori di traduzione. Si potrebbe addirittura dire che le nostre qualità si mettono in risalto a vicenda.
Squadra che vince non si cambia, giusto? Ma soprattutto: post-editing e traduzione sono due discipline che richiedono, in egual misura seppur con sfumature diverse, tecnica e talento. E qui metto un bel punto e a capo e ricomincio la mia giornata, con la grinta che speravo.
Quella nell’immagine di copertina sono io, disegnata da Claudia Plescia.