Gli anni di pandemia sono ormai un ricordo. Ma se vi è un concetto che più di altri ha lasciato traccia di sé nell’immaginario comune, questo è certamente l’importanza della sperimentazione in ambito medico. Gli studi clinici sono uno degli step necessari per lo sviluppo e l’adozione di nuovi farmaci, procedure o terapie, e la traduzione, come spesso accade, può fungere da amplificatore, favorendo e supportando l’innovazione sicura nel settore sanitario.
L’accessibilità linguistica riveste notevole importanza nei settori più disparati, consentendo di raggiungere una fetta più vasta della popolazione garantendo una corretta comunicazione tra le parti coinvolte. Tra questi, troviamo chiaramente anche l’ambito medico, farmaceutico e delle life science.
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Come anticipato, l’obiettivo principale di uno studio clinico è verificare se un nuovo approccio sanitario possa risultare vantaggioso rispetto allo stato dell’arte attualmente consolidato. Negli studi clinici sperimentali, è dunque di fondamentale importanza ampliare a sufficienza il numero di partecipanti, così da non viziare i risultati ottenuti limitando la portata della ricerca.
In altri termini, per valutare se le eventuali migliorie riscontrate siano direttamente attribuibili alla novità oggetto di studio, occorre includere nella ricerca un numero adeguato di soggetti in grado di garantirne la piena validità.
In questo, la traduzione può svolgere un ruolo cruciale nella ricerca di consenso da parte degli individui interessati dallo studio clinico, permettendo loro di avere accesso a informazioni accurate e facilmente comprensibili sullo scopo della ricerca, sulle modalità con cui sarà svolta e sui rischi e benefici noti.
La traduzione negli studi clinici
In merito all’argomento odierno, è stato recentemente pubblicato sulla rivista Nature uno studio volto a individuare come i costi legati ai servizi di traduzione possano influenzare negativamente il progresso in ambito medico, limitando eccessivamente la partecipazione agli studi clinici.
Come riportato da Rocio Txabarriaga in un suo contributo per Slator: “I ricercatori hanno spiegato che [negli Stati Uniti, NdA] nel 43,8% degli eventi di consenso per gli studi sponsorizzati valutati, il paziente aveva firmato un documento in una lingua diversa dalla lingua principale. Negli studi non sponsorizzati, meno dell’1% dei pazienti ha firmato i documenti di consenso nella propria lingua madre”.
Questi dati sono dovuti con ogni probabilità a una barriera linguistica tra le parti coinvolte. Causa a sua volta di plausibili incomprensioni, una mancanza di piena consapevolezza delle informazioni e il rischio di sottoporsi a studi inadatti alle proprie condizioni.
Inoltre, un altro dato rilevante riguarda gli studi non sponsorizzati, ai quali partecipa mediamente una quantità molto piccola di persone parlanti una lingua differente da quella utilizzata dai ricercatori.
Grazie ai servizi di traduzione, è facilmente attuabile un ampliamento del numero di lingue nelle quali è possibile prendere coscienza dello studio clinico nella sua interezza, aumentando l’inclusività e stimolando così una maggiore partecipazione.
Ad oggi, il gold standard nel mondo della traduzione professionale è rappresentato dal binomio uomo-tecnologia, in grado di assicurare elevati livelli qualitativi a costi ridotti.
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